Storia dell’automobile
Quattro ruote e un motore che hanno cambiato il mondo


Quando comparvero i primi esemplari, l’automobile era ritenuta così lenta, scomoda e con motori talmente inaffidabili che pochi scommettevano su uno sviluppo in grado di sostituire le carrozze trainate dai cavalli, allora il mezzo più diffuso. Ma la tecnologia galoppava più dei cavalli e presto l’auto si diffuse così tanto da diventare fondamentale nella società moderna. Oggi è difficile immaginare di farne a meno, non soltanto perché è essenziale per spostarsi, ma anche perché è un segno di distinzione sociale. Tuttavia il numero di vetture in circolazione crea grandi problemi di inquinamento e di traffico. Inoltre, il fatto che le riserve di petrolio possano esaurirsi impone di trovare alternative ai motori attuali


All’inizio era tutta fumo


La storia dell’automobile iniziò ai primi dell’Ottocento, un periodo in cui venivano sperimentate le tecnologie per trasmettere energia alle macchine, in modo che svolgessero lavoro al posto degli esseri umani. A quell’epoca il principale mezzo di trasporto erano la carrozze trainate da cavalli o da animali più lenti come i buoi. Quando fu inventata la macchina a vapore, la prima tecnologia che sfruttasse il calore per produrre forza motrice, iniziarono i tentativi di sostituire i cavalli con un motore. Nelle prime auto, quindi, l’energia prodotta dall’evaporazione dell’acqua serviva a mettere in moto il mezzo. Fu il francese Nicholas-Joseph Cugnot, nel 1769, a costruire la prima ‘carrozza senza cavalli’: un trattore equipaggiato di una macchina a vapore, che veniva usato dall’esercito francese per spostare i pezzi di artiglieria. Questo mezzo non aveva molto in comune con le odierne automobili, ma fu il primo mezzo di terra a muoversi spinto da una forza diversa dai muscoli, umani o animali che fossero.
La costruzione di mezzi a vapore continuò per tutto il 19° secolo, ma a partire più o meno dal 1830 fu escogitata e sperimentata un’altra soluzione: le auto elettriche, dotate di batterie chimiche simili a quelle che usiamo ancora oggi per le radio portatili, ma ovviamente capaci di fornire energia in quantità maggiore. Il primo a costruire un’auto elettrica fu lo scozzese Robert Anderson tra il 1830 e il 1840, usando batterie che andavano sostituite una volta esaurite. Poi, a partire dal 1880, l’efficienza e la durata delle batterie furono molto migliorate. Le auto elettriche furono sviluppate e utilizzate per diversi decenni, finché, verso la fine di quel secolo, non arrivò un altro tipo di automobile: quella alimentata a gasolio o benzina.


Il genio tedesco: Otto, Daimler e Diesel
A questa fondamentale invenzione contribuirono molti tecnologi, ma si può dire senza dubbio che l’auto moderna sia nata in Germania. Il tedesco Nikolaus Otto inventò, infatti, nel 1861 il motore a quattro tempi, che porta ancora il suo nome (si parla appunto di ‘ciclo Otto’). Gottlieb Daimler, anch’egli tedesco, adattò l’invenzione di Otto per farne un motore leggero e alimentato a benzina, adatto a stare su un’automobile. E un terzo tedesco, Rudolph Diesel, inventò una versione modificata di quel motore, alimentata a gasolio e non a benzina, che consentiva di usare meno carburante per ottenere la stessa quantità di energia.
All’inizio del Novecento le auto a benzina iniziarono a essere le più vendute, perché erano più leggere e il petrolio costava molto meno dell’elettricità. Così le auto elettriche sparirono rapidamente di scena. Ma i motori elettrici si rivelarono una soluzione molto efficiente per i treni e per mezzi di trasporto pubblico come i tram in quanto potevano essere alimentati tramite una rete elettrica. Inoltre, le auto a benzina o gasolio avevano maggiore autonomia, cioè potevano coprire distanze più lunghe tra un ‘pieno’ e l’altro.


Da oggetto di lusso a veicolo per tutti
Per molto tempo l’automobile rimase un oggetto di lusso: soltanto le persone più ricche potevano permettersene una. Questo anche perché produrre automobili era un processo molto lungo, difficile e costoso. Ma le cose iniziarono a cambiare quando Henry Ford, che aveva fondato la propria fabbrica di automobili a Detroit, negli Stati Uniti, iniziò a utilizzare la catena di montaggio (automazione): si tratta di un sistema per ridurre i tempi e i costi di lavorazione all’interno della fabbrica, assegnando a ogni operaio il lavoro su una parte specifica dell’auto e usando un nastro trasportatore per spostare l’auto da un operaio all’altro man mano che i pezzi vengono montati. In questo modo Ford poté vendere la sua Modello T a un prezzo molto inferiore rispetto a tutte le automobili prodotte sino ad allora, che erano fatte artigianalmente una per una. La Modello T, nata nel 1908, fu la prima utilitaria della storia ed ebbe un enorme successo: Ford divenne il più grande produttore di automobili del mondo, ma soprattutto diede il via alla diffusione di massa dell’automobile.
Pochi anni dopo la sua nascita l’automobile era già diventata protagonista della cultura. L’ebbrezza della velocità era un’esperienza del tutto nuova per la maggior parte degli uomini e affascinò molti movimenti artistici. In Italia, per esempio, il movimento futurista celebrava proprio la macchina, il mito del progresso e la velocità. In America in particolare, paese di grandi spazi dove è spesso l’unico modo a disposizione per spostarsi, l’automobile è diventata un simbolo di libertà, celebrato da centinaia di film o canzoni.


La sfida del futuro: l’auto senza benzina
C’è anche un’altro motivo per non abusare dell’automobile. Essa dipende dal petrolio, che non durerà in eterno. Anche se le riserve esistenti dovessero bastare per avere petrolio ancora per molti decenni, il suo prezzo continuerà a salire e si dovrà conservare il greggio per i settori dove finora non sappiamo davvero come sostituirlo, come la produzione di plastica. Per questo si stanno cercando altri possibili combustibili per alimentare i motori delle automobili: sono già in circolazione automobili ibride, che sfruttano sia la benzina sia l’elettricità. Un’automobile ibrida è un’auto in cui il motore non è accoppiato direttamente alle ruote ma, girando a regime costante con alti rendimenti, aziona un alternatore che carica una serie di batterie che danno corrente ai motori elettrici posti direttamente sulle ruote. In pratica, le batterie vengono ricaricate durante i tempi morti e la marcia a bassa velocità, ma danno l’eccesso di potenza richiesto per gli spunti. L’automobile ibrida richiede solo tecnologie già note da tempo per il motore, batterie e motori elettrici e un po’ di elettronica intelligente.
Secondo la maggior parte degli esperti, però, l’auto del futuro funzionerà usando l’idrogeno come carburante al posto della benzina. Al momento, tutti i paesi industrializzati hanno investito tanto sullo sviluppo dell’auto a idrogeno, ma rimane ancora molta strada da fare prima che possa essere considerata una realtà.


Uno stile tutto italiano
L’Italia ha un’importante tradizione nella produzione di automobili. La FIAT (Fabbrica italiana automobili Torino), fondata a Torino nel 1899 da Giovanni Agnelli, è stata per un secolo la più grande azienda privata italiana. Molte automobili della FIAT hanno segnato la storia e il costume italiano: la Balilla, la Topolino e soprattutto la 600 e la 500, che negli anni Cinquanta e Sessanta furono le prime auto a essere acquistate da tante famiglie. Un’altra importante casa automobilistica italiana è la Lancia, anch’essa nata a Torino, che si è sempre specializzata nella produzione di auto di lusso. La terza grande casa automobilistica italiana è L’Alfa Romeo, fondata a Milano nel 1910 e celebre soprattutto per i suoi modelli sportivi. Sia l’Alfa Romeo sia la Lancia fanno parte del gruppo FIAT. Sicuramente, però, il marchio automobilistico italiano più noto nel mondo è la Ferrari, produttrice di auto sportive di lusso e auto da corsa che gareggiano in Formula 1.

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